Cari Amici

sabato 6 Luglio festeggeremo il compleanno del Dalai Lama.

Sarà un momento per raccogliersi in meditazione e preghiera per poi rigioire cenando con ciò che ognuno avrà pensato di portare come offerta a Sua Santità il XIV° Dalai Lama, Tenzin Gyatso Oceano di Saggezza.

L’inizio è previsto alle ore 20 con la recitazione della “Preghiera di Lunga Vita”.

Vi aspettiamo!

 

BIOGRAFIA DEL DALAI LAMA

Sua Santità, il XIV° Dalai Lama Tenzin Gyatso è il capo di stato e il leader spirituale del popolo tibetano. E’ nato con il nome di Lhamo Dhondrub il 6 luglio 1935, in un piccolo villaggio chiamato Takster nel nordest del Tibet. Nato in una famiglia contadina, Sua Santità è stato riconosciuto all’età di due anni, secondo la tradizione tibetana, come la reincarnazione del suo predecessore il XIII° Dalai Lama, cioè come l’incarnazione di Avalokitesvara, il Buddha della Compassione.
I Dalai Lama sono la manifestazione del Bodhisattva (Buddha) della Compassione, il quale sceglie di reincarnarsi al servizio degli esseri senzienti.
Lhamo Dhondrub assunse, in quanto Dalai Lama, il nome di Jetsun Jamphel Ngawang Lobsang Yeshe Tenzin Gyatso, il Signore Santo, la Gloria Gentile, il Compassionevole, il Difensore della Fede, l’Oceano di Saggezza. I tibetani, normalmente, si rivolgono a Sua Santità come Yeshe Norbu, la Gemma che esaudisce tutti i desideri, o semplicemente, Kundun, la Presenza.
La cerimonia dell’investitura ebbe luogo a Lhasa, la capitale del Tibet, il 22 febbraio 1940.

L’educazione di Sua Santità in Tibet.

L’educazione di Sua Santità iniziò all’età di sei anni e venne completata con il conseguimento del titolo di Geshe Lharampa (Dottorato in filosofia buddista) all’età di 25 anni, nel 1959. All’età di 24 anni affrontò gli esami preliminari in ciascuna delle tre università monastiche: Drepung, Sera e Ganden. L’esame finale avvenne nello Jokhang, a Lhasa durante il Festival annuale di preghiera detto Monlan, che si tiene il primo mese di ogni anno del calendario tibetano.

Le responsabilità di Sua Santità.

Il 17 novembre 1950, Sua Santità fu chiamato ad assumere il suo pieno potere politico (capo dello stato e del governo) per la liberazione di circa 80000 persone. Soldati armati invasero il Tibet. Nel 1954 si recò a Pechino a parlare di pace con Mao-Tse-tung e altri leaders cinesi inclusi Ciu En-lai e Deng Xiaoping. Nel 1956, durante una sua visita in India per presenziare all’anniversario del 2500esimo Buddha Jayanti, ebbe una serie di incontri con il Primo ministro Nehru e il Premier Chou sul deteriorarsi delle condizioni in Tibet. I suoi sforzi per giungere a una soluzione pacifica del conflitto tra Cina e Tibet furono distrutti dalla politica spietata di Pechino nel Tibet orientale, che innescò la rivolta e la resistenza popolare. Questo movimento di resistenza dilagò in altre parti del paese. Il 10 marzo 1959 la capitale del Tibet, Lhasa, insorse con la più grande manifestazione della storia tibetana, chiedendo alla Cina di lasciare il Tibet e per riaffermare la sua indipendenza. L’insurrezione nazionale tibetana venne brutalmente soffocata dall’esercito cinese. Sua Santità fuggì in India dove gli venne offerto asilo politico. Circa 80000 rifugiati tibetani seguirono Sua Santità in esilio. Oggi ci sono più di 120000 tibetani in esilio. Dal 1960, Sua Santità risiede a Dharamsala, in India, la “piccola Lhasa”, sede del governo tibetano in esilio.
Nei primi anni del suo esilio, Sua Santità fece un appello alle Nazioni Unite sulla questione del Tibet che sfociò in una risoluzione in tre punti adottata dall’Assemblea Generale nel 1959, 1961 e 1965 che richiamava la Cina al rispetto dei diritti umani dei tibetani e al loro desiderio di autodeterminazione. Con il neo-costituito governo tibetano in esilio, Sua Santità comprese che il suo compito immediato e urgente era salvare sia gli esiliati tibetani sia la loro cultura. I rifugiati tibetani vennero riabilitati in stanziamenti agricoli. Lo sviluppo economico fu incrementato, venne stabilita la creazione di un sistema educativo tibetano per allevare i bambini rifugiati ai fini dell’apprendimento completo della loro lingua, storia, religione e cultura. L’istituto tibetano di Arti Espressive venne costituito nel 1959, mentre l’istituto centrale di Studi Superiori divenne una università per i tibetani in India. Vennero rifondati più di 200 monasteri per conservare gli insegnamenti buddisti, ovvero l’essenza dello stile di vita tibetano.
Nel 1963, Sua Santità promulgò una costituzione democratica basata sui principi buddisti e sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo come modello per un futuro Tibet libero. Oggi, i membri del parlamento tibetano sono eletti direttamente dal popolo. I membri del gabinetto sono eletti dal parlamento e devono rispondere a esso. Sua Santità ha sempre sottolineato il bisogno di maggiore democrazia per l’amministrazione tibetana e ha dichiarato pubblicamente che quando il Tibet avrà riconquistato la sua indipendenza egli non manterrà più alcuna carica politica.
Nel 1987, al Congresso per i Diritti Umani, tenutosi a Washington D. C. propose un Piano di Pace in cinque punti, come primo passo verso la risoluzione dello stato futuro del Tibet. Questo piano chiede la designazione del Tibet come zona di pace, la fine del trasferimento massiccio dell’etnia cinese in Tibet, la restaurazione dei fondamentali diritti umani e delle libertà democratiche, l’abbandono da parte della Cina dell’uso del Tibet per la produzione di armamenti nucleari e come deposito di scorie nucleari, nonché l’urgenza di negoziati più seri sul futuro del Tibet.
Il 15 giugno 1988, a Strasburgo, in Francia, Sua Santità ha elaborato il Piano di Pace in cinque punti e ha proposto la creazione di un Tibet autogovernantesi in modo democratico in associazione con la Repubblica Popolare Cinese.
Il 2 settembre 1991, il governo tibetano in esilio ha dichiarato la proposta di Strasburgo non valida a causa dell’atteggiamento chiuso e negativo della leadership cinese presente nei confronti delle idee espresse nella proposta suddetta.
Il 9 ottobre 1991, durante una conferenza tenuta all’università di Yale , negli Stati Uniti, Sua Santità ha detto che voleva visitare il Tibet per verificare personalmente la situazione politica. Ha dichiarato: “Sono estremamente ansioso, perché in questa situazione esplosiva potrebbe scoppiare della violenza. Voglio fare tutto il possibile per prevenire una cosa simile… La mia visita dovrebbe essere una occasione per aumentare la comprensione e creare una base per una soluzione negoziata”.

Contatti con l’Occidente e con l’Oriente.

Sin dal 1967, Sua Santità ha intrapreso una serie di viaggi che lo hanno portato in circa 46 nazioni. Nell’autunno del 1991 ha visitato gli Stati Baltici su invito del presidente lituano Vytautas Landsbergis ed è stato il primo leader straniero a rivolgersi al parlamento lituano. Nel 1973, Sua Santità ha incontrato in Vaticano papa Paolo VI. Nel 1980, a Roma, durante una conferenza stampa, Sua Santità ha ribadito le sue speranze per un incontro con Giovanni Paolo II: “Viviamo in un periodo di grande crisi, un periodo di sconvolgenti sviluppi a livello mondiale. Non è possibile trovare pace nell’anima senza sicurezza e armonia tra i popoli. Per questa ragione, guardo al mio futuro incontro con il Santo Padre con fede e speranza, per avere uno scambio di idee e sentimenti nonché per avere suoi suggerimenti per aprire una porta a una pacificazione progressiva fra i popoli”.
Sua Santità ha incontrato papa Giovanni Paolo II, nel 1980, 1982, 1986, 1988 e 1990 in Vaticano. Nel 1981, Sua Santità ha conferito con l’arcivescovo di Canterbury, il dottor Robert Runcie e con gli altri leaders della chiesa Anglicana, a Londra. Ha incontrato anche le autorità della chiesa Cattolica e della Comunità ebraica. In occasione di un dialogo interreligioso tenuto in suo onore dal Congresso Mondiale delle fedi ha detto: “Ho sempre creduto che sia molto meglio avere una varietà di religioni, una varietà di filosofie, piuttosto che una sola religione o filosofia. Questo è necessario per via delle differenti disposizioni mentali di ciascun essere senziente. Ogni religione ha certe idee o tecniche che le sono proprie e impararle può solo essere di arricchimento per la fede di ognuno”.

Riconoscimenti.

Sin dalla sua prima visita in Occidente nel 1973, molte università e istituzioni hanno conferito a Sua Santità riconoscimenti per la Pace e lauree honoris causa per i suoi scritti di filosofia buddista e per il suo ruolo-guida nella risoluzione dei conflitti internazionali, per i diritti umani e i problemi globali dell’ambiente. Nel 1989 in occasione della presentazione del premio Raoul Wallenberg per i diritti umani, Tom Lantos ha dichiarato: “La lotta coraggiosa di Sua Santità il Dalai Lama lo ha distinto come un paladino dei diritti umani e della pace mondiale. I suoi sforzi progressivi per mettere fine alla sofferenza del popolo tibetano attraverso i negoziati e la riconciliazione hanno richiesto un enorme coraggio e sacrificio”.

Il Premio Nobel per la pace nel 1989.

La decisione del Comitato norvegese per il conferimento del Premio Nobel nel 1989 a Sua Santità il Dalai Lama ha conquistato il plauso del mondo intero con l’eccezione della Cina. La motivazione del Comitato recita: “Il Comitato vuole ribadire il fatto che il Dalai Lama nella sua lotta per la liberazione del Tibet si è opposto in modo considerevole all’uso della forza. Al contrario, ha invocato soluzioni pacifiche basate sulla tolleranza e sul mutuo rispetto per conservare l’eredità storica e culturale del suo popolo”.
Il 10 dicembre 1989, Sua Santità ha accettato il premio in quanto rappresentante dei popoli oppressi ovunque e per tutti coloro che combattono per la libertà e lavorano per la pace nel mondo e per il popolo tibetano. Nella sua replica egli ha affermato: “Il premio rinforza la nostra convinzione che con la verità, il coraggio e la determinazione come nostre armi, il Tibet sarà liberato. La nostra lotta deve restare non-violenta e priva di odio”.
Sua Santità ha avuto anche un messaggio di incoraggiamento per il movimento degli studenti cinesi in lotta per la democrazia. “In Cina, il movimento popolare per la democrazia è stato represso con l’uso della forza bruta, nel giugno di quest’anno. Ma, non credo che queste dimostrazioni siano avvenute invano, perché lo spirito della libertà è stato riacceso tra il popolo cinese e la Cina non può sfuggire all’impatto di questo spirito di libertà che si diffonderà in numerose parti del mondo. I coraggiosi studenti e i loro sostenitori hanno mostrato alle autorità cinesi e al mondo il volto umano delle grandi nazioni”.

Un semplice monaco buddista.

Sua Santità spesso ha detto: “Io sono un semplice monaco buddista, né più, né meno”.
Sua Santità vive la vita di un monaco buddista, risiedendo in una piccola abitazione a Dharamsala si alza alle 4 del mattino per meditare, successivamente si occupa della programmazione dei suoi incontri concernenti le questioni amministrative, concede udienze private, impartisce insegnamenti religiosi e presenzia a cerimonie rituali. Conclude la sua giornata con ulteriori preghiere prima del riposo notturno. Nel dichiarare le sue più grandi fonti di ispirazione egli cita spesso i suoi versi preferiti che si trovano negli scritti di un famoso santo buddista dell’ottavo secolo, chiamato Shantideva: “Per quanto a lungo durerà lo spazio e per quanto a lungo resteranno delle creature viventi in esso, fino ad allora anch’io ci sarò per sconfiggere la sofferenza del mondo”.